In nome della identità culturale…
Fuga dal super-io genitoriale!
di Saverio COSTANTINO
Cari giovani non credete a chi vi dice di rimanere nel vostro paese, emigrate per lidi che vi consentono di crescere!
Come sempre il mio intervento non è solo provocatorio poiché sarebbe poco originale, tenendo conto che in giro nel nostro paese di provocatori distruttivi ne abbiamo in esubero. Il mio è invece un modesto tentativo di fornire una lettura positiva di quello che è sempre stato letto come un fenomeno negativo, ossia la scelta volontaria o la necessità di “emigrare” alla ricerca dell’autorealizzazione non solo lavorativa ma anche personale.
In termini psicologici è un processo di identificazione e separazione, presente in una persona che si definisce e ridefinisce in rapporto alla propria famiglia di origine. In fondo il proprio paese presenta le stesse dinamiche, spesso castranti, della propria famiglia di origine. Che senso ha oggi in un mondo che cambia, in un mondo multietnico, alzare gli steccati all’insegna della difesa della propria identità, della propria cultura? Andare via da Spinazzola non è un fallimento ma una necessità. Conoscete per caso persone che hanno raggiunto la maturità senza costruirsi una vita alternativa a quella proposta dalla propria famiglia di origine? Quale famiglia riconosce al proprio figlio capacità e competenze fino a quando vive sotto il tetto natio? Un figlio non può crescere con la pressione continua del super-io genitoriale.
La nostra è una piccola comunità, non meglio e non peggio di altre piccole comunità del tanto elogiato NORD Italia. Essa forse vive una condizione di maggiore isolamento dai grandi centri, che, per alcuni, non è una condizione solo negativa, ma ha anche dei risvolti positivi. Il bilancio è veramente molto soggettivo: è diversa la valutazione di un giovanissimo, da quella di un bambino, di un pensionato, di un professionista ecc.. Noto a tutti è che l’eco delle novità e delle opportunità arriva fievole e a volte non arriva mai. Alcuni esempi: tanti enti di formazione promuovono corsi su Barletta, Andria, Corato che a Spinazzola non arrivano, neanche come informazione; la percentuale di enti pubblici e società private che assumono personale di Spinazzola è pari a zero o quasi. Un professionista che poi deve seguire incontri, riunioni, e opportunità varie, deve partire e percorrere tanti chilometri con aggravio di spese, rischi, ed isolamento. La soluzione sana sarebbe trasferirsi ed andare via. Questo problema dovrebbe essere affrontato nell’ambito della politica sociale: bisognerebbe promuovere e incentivare chi, pur lavorando fuori, elegge il proprio paese come residenza. In nome dell’identità Culturale si prendono grandi fregature… quindi?
Non ci resta che emigrare per altri lidi!!!